Alla fonte dell’energia tibetana
Da oltre cinquant’anni, una comunità di monaci vive nella remota valle di Töss e si prende cura della comunità tibetana del Paese. Una visita alla ricerca del segreto dell’equilibrio energetico.
Ma diventa problematico quando il mondo esterno non è più in equilibrio, afferma Wangyal, e sul suo viso traspare la preoccupazione. «Se gli elementi non funzionano più bene, ad esempio se le conseguenze del cambiamento climatico si iniziano a percepire, allora questo ha un impatto enorme sulle nostre energie».
E in effetti, anche qui in questa valle remota, le prime primule fioriscono già due settimane dopo l’Epifania, in pieno inverno. «Gli elementi sono sempre in relazione con noi; nessun essere umano funziona indipendentemente dai sistemi esterni», precisa il monaco. Tuttavia, i cinque elementi si trovano anche a livello individuale, nel nostro essere. «Portiamo tutti gli elementi dentro di noi», spiega il monaco. «Ci accompagnano per tutta la vita. Ma dobbiamo assicurarci che siano in equilibrio e che siano liberi di fluire per non ammalarci. Gli elementi sono anche sinonimo di caratteristiche. Per questo vanno protetti e rafforzati.» Se vengono disturbati o vanno nella direzione sbagliata, allora si va incontro allo stress. I pensieri iniziano a inquietarsi e vacillano come la fiamma delle candele in fondo alla sala. Alla domanda se viene prima l’inquietudine o il pensiero, risponde solo dopo un breve momento di riflessione: «Prima viene il disturbo energetico. È il risultato del nostro comportamento, attraverso il quale si creano altri cicli di pensieri che portano all’insonnia. Di conseguenza, i disturbi fisici iniziano a diffondersi in interazione con l’irrequietezza mentale». In linea di principio, la maggior parte delle persone interessate alla salute sa come contrastare questo fenomeno: mangiare sano, riposarsi, seguire il proprio cammino spirituale, fare del bene, praticare meditazione e yoga. Tuttavia, tutto questo non serve a nulla se i pensieri sono fuori controllo. «Se penso che qualcuno sia cattivo», spiega il monaco, «allora mi rendo subito conto che è sbagliato pensare in quel modo. È un errore. Perché i pensieri negativi portano ad azioni negative. E quindi spetta a me assicurarmi che i pensieri negativi non portino ad azioni negative», così stronca l’odio sul nascere.
Lezioni di vita: incanalare gli stati d’animo, invece di lasciarsi trasportare da essi
Una lezione che non vale solo per i monaci tibetani come Wangyal, ma anche per tutti noi nella vita di tutti i giorni: cercare di controllare le proprie emozioni invece di farsi guidare da esse e di cedere ciecamente a ogni impulso senza riflettere sulle proprie azioni. Per questa lezione non è necessario un monastero zen o una meditazione costante in assoluto silenzio. Si può praticare anche in coda alla cassa del supermercato poco dopo il lavoro o quando si viaggia su un treno affollato. Wangyal consiglia di osservare da prospettive diverse e di sviluppare così la compassione per il prossimo. Per consolidare questo stato d’animo, accende per esempio un bastoncino d’incenso, che non emana semplicemente un profumo, ma è una vera medicina: «Inaliamo le erbe che bruciano e questo ci purifica. I bastoncini d’incenso sono veri e propri purificatori di energia». Ma anche delle piccole cerimonie hanno lo stesso effetto. I fiori, ad esempio, danno il benvenuto a qualcuno e sono simbolo di pazienza. Ci ricordano di non arrabbiarci e di praticare l’umiltà. La luce delle lampade è sinonimo di illuminazione, l’acqua profumata pulisce gli spazi in cui si soggiorna, mentre i frutti sono simbolo di generosità. E infine c’è la musica: il suono delle campane qui nel monastero, così come qualsiasi altro strumento, può essere visto come un’offerta.
«Una specialità della fede tibetana è un viaggio sul monte Kailash o su qualsiasi altra montagna*, dice Wangyal, con lo sguardo raggiante. «Su una montagna c’è un’energia molto speciale, perfetta per la meditazione e l’energia», afferma il monaco, che poi si ferma un attimo e precisa: «Se i monaci vogliono davvero raggiungere l’illuminazione, devono andare lassù dove trovano un’energia speciale, la massima che esiste.» Almeno una volta nella vita, si dovrebbe cercare di scalare una montagna sacra e sovrastare il mondo, circondati dall’energia naturale, chiara e pura. Negli ultimi anni ha messo in secondo piano i viaggi a causa della pandemia. Ma un giorno ritorneranno. Afferma sorridente. «Nell’anno del cavallo sarebbe il momento ideale. Esso si ripete ogni dodici anni. La prossima volta sarà di nuovo nel 2026».
Fino ad allora, la vita monastica continua come sempre: preghiere mattutine, da soli e in gruppo. «Il mattino ha un potere speciale», spiega il monaco. «Prevale l’energia pacifica della dea femminile Tara». Poi c’è una semplice colazione a base di pane e marmellata, una passeggiata nella natura, meditazione, pranzo, forse una zuppa di lenticchie con spezie piccanti e latte di cocco, oppure semplicemente spaghetti, studio nel monastero e cura pastorale nella comunità tibetana. «Se una persona è gravemente malata, preghiamo per lei, la accompagniamo fino alla morte e suoniamo le campane», perché i monaci sono presenti per la loro comunità durante tutta la vita. Inoltre, il ciclo annuale viene celebrato anche con le festività tibetane, come il «Losar», il capodanno tibetano a febbraio. Oppure in occasioni speciali come la cerimonia, durante la quale le offerte vengono bruciate e poi salgono in cielo. «Poi la sera le preghiere cambiano, sono più adirate», dice Wangyal. La notte è il tempo degli dei malvagi, che si innalzano con sempre più potenza, fino a mezzanotte, quando sono più attivi. «Per questo dormiamo meglio», sorride. «Inoltre, in questi orari non va bene recarsi nella foresta o nei cimiteri». Nel corpo, la percentuale di bile aumenta, il muco si accumula, il sonno è molto profondo. Fino all’alba, quando l’energia del vento rende il corpo nuovamente forte. «Ma oggi molte persone hanno cambiato questo ritmo, sono sveglie fino a tarda notte, il che è sbagliato sia fisicamente che mentalmente». Chi dorme troppo poco perde il tempo produttivo del mattino. Questa è purtroppo una realtà, massiccia presenza dell’uomo e dall’inquinamento ambientale.
Fortunatamente, dopo la conversazione c’è ancora luce e gli dei sono ancora benevoli. Risaliamo quindi le tortuose stradine sotto la collina del monastero, attraverso un viale di alberi frondiferi, fino a uno stupa bianco con la cima dorata, che rappresenta il sacro monte Meru, sede degli dei. A 800 metri di altitudine nella valle del Töss, l’aria invernale forma un sottile vapore davanti alla bocca di Wangyal. Non sarà l’Everest, ma la vista sulle Alpi innevate è comunque magnifica.