Dossier: Gravidanza

Diagnostica prenatale: il mio bambino è sano?

Gli esami prenatali servono a individuare precocemente malattie gravi, deformità e disturbi dell’organismo nel nascituro. Ma anche la diagnostica prenatale presenta dei rischi. È quindi importante essere ben informati sulle diverse procedure.

Un bambino sano è il più grande desiderio dei futuri genitori. Gli esami prenatali vengono quindi effettuati per ogni gravidanza. Se il primo controllo dettagliato (in Svizzera si svolge di solito tra il secondo e il terzo mese) è nella norma, seguiranno sette controlli di routine fino alla nascita. Tuttavia, se viene rilevata una gravidanza a rischio, per esempio a causa dell’età della donna incinta o della storia familiare, la diagnostica prenatale può fornire maggiori informazioni sullo stato di salute dell’embrione. Ad esempio, si può stimare il rischio di malformazioni e di malattie ereditarie come i difetti cromosomici (per esempio la trisomia 21).

Nessun risultato chiaro senza rischi

La diagnostica prenatale comporta anche sfide e rischi. Da un lato, non esistono test prenatali che forniscano il cento per cento di certezza senza rischio di esame. La diagnostica prenatale invasiva può causare aborti spontanei. D’altra parte, i genitori in attesa possono trovarsi di fronte a domande esistenziali difficili. Nella maggior parte dei casi, i risultati non indicano quanto possa essere grave una possibile menomazione del bambino. Quando una vita è degna di essere vissuta? Prima di ogni visita prenatale è quindi importante avere una consultazione dettagliata e personale con il medico.

Test prenatali non invasivi

Nella diagnostica prenatale si distingue tra test invasivi e non invasivi. Il termine «non invasivo» significa che questi test non penetrano nell’utero. Non vi è quindi alcun rischio per il nascituro o per un aborto spontaneo.

  • Misurazione della translucenza nucale: lo spessore del liquido nella regione della nuca del nascituro può essere indice di un difetto cromosomico. Nella 11a-13a settimana di gravidanza, la misurazione della translucenza nucale tramite ecografia fa parte degli esami standard. L’interpretazione dell’ecografia dipende dall’esperienza del medico.
  • Test del primo trimestre: se il valore della misura della translucenza nucale è sospetto, di solito segue il test del primo trimestre. I valori del sangue della madre, la sua età e la translucenza nucale del feto danno un valore di rischio statistico per un’anomalia cromosomica del bambino. Il test del primo trimestre non è una diagnosi, ma un valore statistico calcolato da un programma per computer.
  • Test prenatale non invasivo (NIPT): se il test del primo trimestre mostra un rischio superiore a 1:1000 per le trisomie 21, 18 o 13, i genitori in attesa sono liberi di far analizzare il DNA del bambino nel sangue della madre. L’analisi del sangue materno è possibile a partire dalla 12a settimana di gravidanza. Il NIPT rileva con alta precisione una malformazione genetica come la trisomia 21, 18 o 13. Ma può anche far scattare un falso allarme. Come per il test del primo trimestre, il NIPT non è una diagnosi ma un valore statistico. Se il risultato è positivo o non chiaro, molti medici raccomandano quindi un test invasivo per un chiarimento.
  • Ecografia morfologica: tra la 19a e la 22a settimana è possibile esaminare gli organi del feto tramite l’ecografia, nota anche come screening degli organi. Chi prima della nascita sa che il bambino avrà bisogno di un trattamento speciale, può contattare tempestivamente degli specialisti.

Test prenatali invasivi

Negli esami invasivi, lo specialista preleva il liquido amniotico, il sangue dal cordone ombelicale o il tessuto della placenta per esaminare direttamente le cellule del feto. I test invasivi danno risultati relativamente univoci, ma sono associati ad alcuni rischi.

  • Villocentesi/biopsia dei villi coriali: con un ago sottile, il tessuto dei villi viene rimosso dalla placenta attraverso la parete addominale e viene esaminato in laboratorio. Pochi giorni dopo il risultato è disponibile. Il test invasivo viene solitamente eseguito tra la 10a e la 14a settimana circa dopo una NIPT positivo o non chiaro. Il rischio di aborto spontaneo è compreso tra lo 0,5 e l’1,5%. Se il risultato della biopsia corionica è inconcludente, c’è l’opzione dell’amniocentesi.
  • Biopsia placentare: dalla 19a settimana di gravidanza in poi non si parla più di biopsia corionica, ma di biopsia placentare. 
  • Amniocentesi: durante l’amniocentesi, il liquido viene prelevato dal sacco amniotico con un ago sottile. La valutazione del campione di liquido amniotico richiede dalle due alle tre settimane, poiché le cellule devono essere coltivate in laboratorio. Poiché questo esame viene solitamente eseguito tra la 14a e la 18a settimana di gravidanza, il risultato definitivo potrebbe non essere disponibile fino alla 21a settimana di gravidanza. L’interruzione di gravidanza in questo momento significa l’induzione di un parto. Con meno dell’un per cento, il rischio di aborto spontaneo dopo l’amniocentesi è basso.
  • Cordocentesi: la raccolta di sangue dal cordone ombelicale è rara e possibile solo a partire dalla 18a settimana. Il rischio di aborto spontaneo è compreso tra l’1 e il 2%. Questa procedura viene utilizzata principalmente nei casi di sospetta incompatibilità del gruppo sanguigno o di anemia fetale.

La decisione se e quali test prenatali vengono effettuati è fondamentalmente lasciata ai genitori in attesa. Prima degli esami, dovrebbero avere le idee chiare su ciò che stanno per affrontare e se l’aborto sia o meno una possibilità per loro. Inoltre, devono essere presenti determinati fattori di rischio affinché le assicurazioni malattia possano coprire i costi della diagnostica prenatale.  

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